Il bisogno di “uno più forte di noi”

Mi trovo spesso a pensare al gesto più importante della mia vita di uomo e di sacerdote che è l'Eucarestia. Si diventa preti, anzitutto per questo.

“Dire Messa” è il sogno di ogni sacerdote e che lo accompagna dal momento in cui si entra in seminario, anzi dal momento in cui si scopre la vocazione, fino, penso, all'ultimo giorno della vita.

Personalmente, per la mia immaginetta della “Prima Messa”, scelsi proprio il particolare di una dipinto che ritrae San Carlo nel momento in cui porge l'Eucarestia a una persona.

Il più grande desiderio che muove ogni mattina il mio essere sacerdote e che ci mi fa cominciare bene ogni giornata (come se fosse la più bella della vita), è proprio la possibilità di regalare la presenza di Cristo a qualcuno. 

Penso, però, anche alle tante difficoltà che noi sacerdoti troviamo nel far capire questo gesto di cercare il Signore presente nell'Eucaristia e di incontrarlo almeno una volta la settimana, nella Messa della domenica. La preoccupazione e il rincrescimento mio e di tanti sacerdoti è proprio questo: ci dispiace che l’Eucarestia, il regalo più grande di Dio, sia lasciato, tante volte, ben riposto nelle chiese, piuttosto che nei cuori.

Mi chiedo, tante volte, come spiegare tutto questo, come comunicarlo, come ridirlo, soprattutto ai genitori, ai bambini o a chi si affaccia sulla soglia della fede. 


Potrei fare tanti discorsi (e a volte li facciamo), ma vorrei sintetizzare questo gesto “dell’andare a Messa” la domenica dicendo una cosa sola: è un atto di umiltà.

L’andare a Messa è solo e semplicemente, ma grandiosamente, un atto di umiltà!

Una volta la settimana si ammette di aver bisogno di ricevere la vita da qualcuno più grande di noi.

Una volta la settimana si riconosce che, da soli, non ce la possiamo fare.

Una volta la settimana si ascolta il desiderio di incontrare “Colui da cui riceviamo “tutto”.

Una volta la settimana si riconosce di aver bisogno di una parola grande, vera, buona.

Una volta la settimana ammettiamo il bisogno di fermarci

Questa è la grande umiltà, quella che anche Giovanni Battista ha indicato a tutti coloro che cercavano qualcosa di meglio per la propria vita.

Giovanni Battista indica Gesù che passa: “colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali. Preparate la via del Signore”.

È  la stessa cosa che vorrei dire anch’io: è essenziale fermarsi e guardare Cristo, “più forte di noi”. È un atto di umiltà.

L'errore sarebbe quello di partire solo dai propri bisogni o dalle proprie intuizioni; ma Dio è molto più grande di quello che capiamo, di quello che pensiamo, di quello che sentiamo.

Questo Dio “misterioso”, immensamente grande e buono, capace di arrivare dove noi non arriveremmo mai, è la grande “salute” che cerchiamo per stare bene e che non troviamo in nessun altro rimedio.

Penso che il Natale vero nasca da questo gesto di profonda umiltà: abbiamo bisogno di ricevere la vita di Cristo, abbiamo bisogno di fermarci.

In questo gesto del fermarci, almeno una volta la settimana, a Messa, ritroviamo la nostra grandezza e la nostra dignità di persone per cui Dio ha dato la vita stessa di suo figlio Gesù.

Prego tanto perché i genitori sappiano ricordare alle proprie famiglie e ai propri figli l’importanza di questo gesto di fermarci, per umiltà, di fronte a Dio.

Gesto simile a quello che ci verrà “imposto” da tutti i presepi che cominceranno a spuntare nelle nostre case: ogni presepe ci obbligherà a fermarci, e, in questo gesto noi ci arricchiremo e forse scopriremo qualcosa che neppure sappiamo immaginare: la grandezza di Dio e la pace del cuore.


E allora continuiamo a invocare con fiducia: “Vieni Signore Gesù!”.

La certezza di tutti noi è nella risposta del Figlio: “Si, verrò presto.”! (Ap 22,20)


don Paolo