Pietro, Paolo e noi
Concludiamo questo intenso mese di giugno con la festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, le colonne della Chiesa, le fondamenta della Chiesa primitiva, i principi della Chiesa, …. e potremmo continuare con i titoli, ma preferisco ricordarli come ”gli amici del Signore”.
Mi pare che, entrambi, abbiano potuto godere di questo privilegio: l’amicizia con Cristo.
Pietro viene “interrogato” da Gesù proprio su questo punto: “mi vuoi bene?”
Paolo viene descritto dallo Spirito proprio così: “egli è per me uno strumento eletto per portare il mio nome dinanzi ai popoli, ai re e ai figli di Israele” (Atti 9,15)
Che cosa abbiamo vissuto in tutti questi mesi se non il tentativo di essere anche noi amici di Cristo?
Ma che cosa significa essere amici del Signore? Sembra una cosa molto bella, ma forse per pochi addetti ai lavori o per chi ha fatto particolari scelte di consacrazione. Invece, l’amicizia con Cristo, mi pare sia la proposta più concreta che riceviamo tutti nel momento in cui siamo battezzati, quando tracciamo su di noi il segno della Croce, quando pensiamo a Lui nei momenti complicati o difficili della vita. In fondo, in ognuna di queste situazioni, cerchiamo e riceviamo un amico!
Cerco di spiegarlo meglio attraverso quest’icona, diventata abbastanza famosa grazie alla Comunità di Taizé e che si chiama proprio “icona dell’amicizia“. Riprende un’icona copta del VII secolo.
Personalmente non sono esperto di icone, ma cercando di capirle, questa, dell’amicizia, mi ha sempre molto colpito e, ogni mattino, accompagna l’inizio delle mie giornate.
Gesù è il vero amico che non finirà mai di mettermi una mano sulla spalla, di guidarmi, di dare luce al cammino mio e di tutti coloro che cercano di conoscerlo.
Ci facciamo aiutare da questo commento (non mio) che spiega molto bene ciò che raffigura:
Secondo questa lettura, Cristo cammina a fianco di un anonimo, un amico sconosciuto: chi la vede può identificare se stesso all’amico ignoto e così immedesimarsi nel personaggio e nella sua amicizia con Cristo.
LA SPALLA, LE MANI, IL BRACCIO. Gesù appoggia la mano destra sulla spalla dell’amico: è segno di coinvolgimento nella sua umanità, di condivisione della sofferenza, di fraternità, di guida ferma e sicura. La spalla è il luogo delle nostre fatiche, lì i pellegrini appoggiano la sacca, i carichi più pesanti, è la parte del corpo che rimane indebolita e porta le ferite. La mano di Cristo è la mano del medico che sana, guarisce, consola, conforta. Il tocco di Cristo imprime energia al braccio destro dell’amico e lo rende capace di benedire, di portare al mondo la sua benedizione: Cristo è capace di trasformare in benedizione le nostre fatiche, le nostre difficoltà e anche i nostri peccati.
GLI OCCHI. Gesù ha due occhi molto grandi e aperti: esprimono la presenza viva e attenta di Cristo. Egli veglia e accompagna con cura la vita di ogni uomo. Anche l’amico ha gli occhi grandi: la fede dona occhi per vedere con uno sguardo nuovo e profondo la realtà e la vita. Entrambi gli amici sono caratterizzati da un lieve strabismo: Gesù tiene d’occhio l’amico, ma soprattutto l’amico è chiamato a tenere d’occhio Gesù mentre guarda avanti sul cammino della vita. È importante mantenere l’attenzione sul Maestro mentre trascorre il corso della giornata, nella preghiera continua e incessante.
LE ORECCHIE E LA BOCCA. L’amico ha due orecchie molto grandi e sporgenti: esprimono l’importanza dell’ascolto, via di accesso della parola. Qui si tratta dell’ascolto della parola di Gesù. La bocca è invece molto piccola: da un lato indica l’esigenza di silenzio, per far tacere le voci che si agitano dentro e fuori di noi e divenire prudenti nel parlare, dall’altro la bocca è luogo di soddisfazione dei bisogni essenziali (il cibo, l’acqua) e il fatto che sia piccola sta a significare la via dell’ascesi, della sobrietà.
IL LIBRO E IL PICCOLO ROTOLO. Gesù, il maestro, sostiene infine un grosso libro, decorato, prezioso, sigillato. È il libro delle sacre Scritture, la Parola di Dio, la Verità tutta intera che Gesù ha incarnato, egli è colui che può prendere il libro e aprirne i sigilli. L’amico tiene in mano un piccolo rotolo di pergamena sul quale annotare le parole di vita eterna che escono dalla bocca di Gesù e imparare ad assimilarle per farle sempre più proprie.
L’AUREOLA. Questa assimilazione si esprime poi all’esterno nell’aureola: l’aureola di Gesù (più grande) si trasmette nell’aureola dell’amico (più piccola), riflesso della luce di Cristo. L’uomo diventa ciò che contempla e ama: l’amico diventa copia di Cristo stesso.
Se questo è il cristianesimo, se questa è la Chiesa, penso proprio che possiamo essere felici di farne parte e di fare la nostra parte. Pietro e Paolo, amici del Signore, aiutino tutti noi a non dimenticarci dell’amicizia di Cristo.