Riflessione di don Andrea

In queste settimane i media ci hanno accompagnato assiduamente con la triste vicenda di Giulia e del suo omicidio. Tante parole sono state spese su tutti i dettagli e non mi interessa soffermarmi su quelli, bensì su un richiamo grande che questa vicenda pone a ciascuno di noi. Potrei riassumerla così: amare significa donarsi, non prendere. 


La tentazione del possesso è presente in ognuno di noi, non unicamente in chi è violento: mia moglie/mio marito devono essere come voglio io; i miei figli devono arrivare dove decido io; io amo l’altro per come mi fa sentire; quel parrocchiano deve essere come dico io; io non tollero che l’atro si metta fra me e lei… 


Questi sono tutti pensieri comuni ad ognuno di noi e che fanno parte della tentazione che ci accompagna lungo il cammino della vita. Il problema è che questa visione soffoca l’altro, lo imprigiona, e alla lunga rimango solo con la delusione perché il mio desiderio non è stato compiuto. L’altro non è stato in grado di colmare ciò di cui io avevo veramente bisogno, mi ha tradito (o meglio, ha tradito quella promessa di felicità che era dentro averla incontrato).


Ed invece il Signore, morendo sulla croce, ci ha fatto vedere un modo diverso di amare: sacrificarsi per l’altro, amare il Destino che Dio ha scelto per lui/lei, lasciare liberi di costruire la propria vita, lasciare che segua la sua Vocazione. Insomma, non la mia misura, ma la misura di un Altro. 

Ma lasciare spazio a tutto questo richiede un sacrificio grande, a volte immenso, ma è l’unica strada per imparare ad amare veramente, ad amare come Dio ci ha amato: questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi (Gv 15-12).


Non è facile per noi cristiani, figuriamoci per chi non ha avuto la grazia di incontrare il Signore. 


Noi abbiamo la possibilità di domandare questo tipo di amore a Dio, ad esempio mi viene in mente una canzone di Chieffo che si chiama “La ballata dell’amore vero” che ha scritto quando faceva le superiori per una ragazza che poi avrebbe sposato. 


Il testo è proprio una preghiera che parte dalla costatazione della propria incapacità di amare, per arrivare a chiedere quanto abbiamo bisogno. Lascio qui il testo, magari può essere una preghiera che ci accompagna nel cammino ad imparare ad amare gli altri come Lui ci ha amato.


don Andrea


Io vorrei volerti bene come ti ama Dio,
con la stessa passione, con la stessa forza,
con la stessa fedeltà che non ho io.
Mentre l’amore mio
è piccolo come un bambino:
solo senza la madre,
sperduto in un giardino.
Io vorrei volerti bene come ti ama Dio,
con la stessa tenerezza, con la stessa fede,
con la stessa libertà che non ho io.
Mentre l’amore mio
è fragile come un fiore:
ha sete della pioggia,
muore se non c’è il sole.
Io ti voglio bene e ne ringrazio Dio,
che mi dà la tenerezza, che mi dà la forza,
che mi dà la libertà che non ho io.